Viaggio in Rwanda

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Come sempre per i miei appuntamenti dell’anima, anche questo viaggio in Ruanda stato preceduto da coincidenze, richiami, sogni e segni …

In più questo paese mi scosse nel profondo ai tempi del genocidio e ancora più mi colpi ai tempi del perdono.

Emotivamente tramortita dagli orrori degli anni ’90 e commossa fino alle lacrime dai miracoli degli anni 2000; mai potevo prevedere di passare da queste parti decine d’anni dopo!

E invece non solo ci sono passata, ma ho anche potuto portare Eira (tra i partenrs e gli sponsor di Faciviltà) e “informare” quel fiume che ai tempi degli orrori si trasformò in un fiume di sangue e corpi.

Come sempre non ho idea cosa porterà questa mia azione congiunta al messaggio di Eira questo nuovo dono per il anche cuore dell’Africa, ma sono così estasiata di avere avuto il dono e l’onore di venirci in persona e portare il mio contributo e messaggio vibrazionale che davvero vedo la mia vita sintonizzarsi con i miei sogni più belli.

Dopo circa 10 giorni dal mio rientro a Roma mi arriva una locandina che invita le comunità africane il 2 marzo a manifestare per riappropriarsi dei beni e dell’economia da cui la Francia ha tratto per anni la sua prosperità, lasciando i nativi africani nell’indigenza.

Intorno ai nativi di tutto il mondo si sta stringendo un giogo che andrebbe a danno della terra stessa e di tutte le sue creature, sappiamo che è un processo inevitabile e che, con le sue tribolazioni, alla fine si risolverà nella caduta dei veli e nel trionfo della verità e della pace per tutti.

Paese adorabile, poco turistico e incontaminato, posso descriverlo solo con la mia mentalità occidentale, che però sottolineo, è il solo punto di vista che posso esprimere, per quanto olistico, di viaggiatrice eclettica con l’hobby dell’antropologia culturale.

Forse proprio per via del mio antico interesse per l’osservazione delle culture umane, l’atteggiamento occidentale a schematizzare tutto sui propri standard sulla propria storia, sugli schemi politici e sulla propria morale mi turba e mi mette non poco a disagio, ho un senso di sacralità per la varietà delle esperienze umane e anche quando alcune tradizioni comportano azioni che vanno apertamente contro i miei principi morali, tendo ad evitare di esprimere facili, quanto, a mio avviso, banali, giudizi.

Del resto, non possiamo neanche negare che ogni umano abbia la sua storia, i suoi schemi, la sua cultura e, gioco forza, misura le culture degli altri sulla sola base dei suoi parametri di origine. Non potrebbe essere diversamente, ma, proprio come occidentale che parla alla sua etnia, mi sento di invitare tutti a cercare di astenersi da applicare i propri standard per denigrare culture diverse e lontane. Ciò che intendo è ricordarsi che ognuno ha il diritto di avere punti di vista e schemi più o meno elastici o limitanti e anche esprimerli liberamente, ma che i punti di vista non sono verità assolute, leggi universali applicabili a qualunque interazione umana, non sono assunti, non sono verità scientifiche. E vanno espressi con questa intenzione di condivisione non di creare verità prét a porter da sfoggiare in ogni occasione.

Natura esuberante, popolazione rilassata e semplice, grande protezione per le donne, ancora molto usati i vestiti e le pettinature tradizionali. L’occidentalizzazione spinge, nelle merci dei supermercati, nel costo della vita, pur se non equiparata a tutti gli stipendi. Ho avuto l’occasione di seguire le vicissitudini della mia amica ospitante che ha chiesto un finanziamento alla banca dello sviluppo per un suo progetto produttivo e ha incontrato una lentezza burocratica che l’ha portata alla disperazione. Ma solo alla banca! Essendo lei etiope ha dovuto girare per uffici chiedere residenza, permessi e tutto è stato fornito in poche ore in uffici puliti, organizzati, silenziosi, efficienti, professionali e solleciti.

Poi, con la banca, una partnership tra stato e privati (se non sbaglio francesi) il mistero… Mesi di ritardi, di impegni mancati, di promesse non mantenute, di richieste di documentazione sempre più complesse cui la mia amica si è sottoposta con la massima solerzia consegnando sempre ogni contratto, documento, certificato in tempo reale.

In sostanza un incubo, un girone infernale di 5 mesi di spese, di guadagni mancati e tutto ciò che potrete immaginare. Ora sta valutando investitori privati in partnership nella speranza che un socio locale potrebbe guidarla meglio tra le trappole del territorio.

In ogni caso l’attuale presidente Kagami ha vinto 3 elezioni con il 99% dei voti è molto amato, e rispettato in tutto il continente, sembra stia operando in modo virtuoso. Tra le cose che ho potuto ascoltare il presidente accoglie in udienza ogni abitante che abbia qualche istanza da risolvere e anche la mia amica pensa di fargli visita e raccontare i suoi incredibili trascorsi con la banca, un giorno al mese la cittadinanza si prende cura della pulizia delle strade, sono aboliti i sacchetti di plastica (presto anche le cannucce da bibita). La capitale Kigali è molto estesa si alternano quartieri residenziali e popolari tutti puliti e curati. Anche quelle che noi chiameremmo favelas (o “slum” visto che siamo in Africa e non in Brasile) danno la sensazione essere abitate da genti pacifiche e ragionevolmente serene nella loro semplicità, quella che noi intendiamo come povertà, viene ripagata con quella che potremmo descrivere una certa libertà e protezione a partire da donne e bambini.

Sono stata sul tristemente noto fiume Niabugogo che durante il terribile genocidio degli anni ’90 fluiva in chilometri di sangue e corpi. Villaggi di rurali senza servizi igienici arrampicati su scoscese che durante le piogge monsoniche si trasformano in fiumi di fango, che Kagami vorrebbe abbattere per trasportare le popolazione in alloggi più moderni, sicuri e igienici, ma sembra che la maggioranza degli abitanti non desideri abbandonare questo stile di vita per noi inconcepibile, che potrei definire estremamente “naturalistico”.

Non so come la risolveranno, io avrei costruito nuovi alloggi basici e umani, nelle aree adiacenti e anche bonificato e modernizzato i villaggi lasciando libera scelta agli abitanti se andare o restare. Ma sembra che questa opzione non sia prevista. Probabilmente i governi del mondo si contaminano nella globalità e perdono a volte il contatto con la località. Forse la sfida dell’integrazione tra globalità e località la stiamo appena approcciando, c’è da liberarsi di molti schemi di “giusto/sbagliato”, a mio avviso, per vincerla.

In ogni caso, la ragione per cui ho adorato venire a conoscere questa parte di mondo è che il Rwanda potrebbe essere un esempio per tutto il mondo del miracolo del perdono. Si trovano on line molti video in cui gli ex nemici si abbracciano in lacrime, ma addirittura abbracciano gli assassini dei propri cari!!! Una cosa che non si era davvero mai vista!! Voglio pensare, anzi lo credo fermamente, che questa “Energia” del perdono in un paese che nel continente stesso chiamano “il Cuore dell’Africa” sarà salvifica ed evolutiva in modo esponenziale e che tutta l’Africa stia andando incontro ad un futuro finalmente di pace e prosperità.

Il Rwanda un paese giovane e per certi versi vergine con una rigogliosa abbondanza di produzione agricola e, almeno in città, molta religiosità. Sulla strada principale del mio solo quartiere ho potuto contare una chiesa dietro l’altra, pentacostali, cattolici apostolici, avventisti, islamici, e poi scuole religiose, Radio Maria Rwuanda…. Forse sono state decentralizzate di proposito e costruite tutte nella stessa aerea, comunque le messe ho visto che durano l’intera giornata con canti dalla mattina presto, con cibo condiviso ai pasti con gruppi di preghiera e di condivisione delle letture. Lo stesso costume l’avevo già apprezzato in Madacascar e so che anche a Roma la chiesa Copta etiope, la domenica, dalla prima mattina, propone una funzione di ore, se non sbaglio in piedi, tra canti e preghiere che si svolge fino al pasto di mezzodì. Ovviamente apprezzo lo stoicismo di tali celebrazioni e immagino sia la potenza della fede a tenere per ore i fedeli in quella unione estatica, ammetto che non sarei in grado di attendere a tali funzioni per più di un’ora e men che meno sarei in grado di farlo ogni settimana!

Da quello che ho sentito dalla mia amica ospitante, i problemi giovanili di droga e alcolismo sembra siano assenti o forse irrilevanti forse quelle che noi descriviamo come semplicità, religiosità, abbondanza agricola, libertà, rispetto delle tradizioni, tutto insieme e anche molto di più potrebbe aver creato questo fenomeno virtuoso. Per semplicità, intendo qualcosa forse come un pragmatismo naturale, la libertà è una libertà di vivere in un dignitoso affidamento, la religiosità qui mi sembra piuttosto spirituale, meno irrigidita dalle colpe e dalle vergogne.

Certo qualcuno lamenta l’incremento di separazioni, divorzi e la difficoltà di mantenere la pace in famiglia, anche qui le donne si sentono insoddisfatte di restare sullo sfondo e qualcosa le muove verso la ribalta, credo sia il processo necessario affinché l’energia femminile ritrovi il suo potere di guarigione dell’umanità con i fratelli animali, vegetali e tutti i territori, non si può attivarlo con la razionalizzazione, o forse non solo.

La comprensione del nuovo paradigma di equità tra maschile e femminile passerà probabilmente prima dall’intelletto in forma duale (giusto /sbagliato – inferiore/superiore – di destra di/sinistra ecc.  )e poi sempre più profonda e non mentale

Ogni viaggio per me è uno nuovo specchio di parti di me forse ancora non del tutto contattate. Si può descrivere in modo esaustivo e semplificato la complessità di una realtà? Forse si può crearne una mappa più o meno dettagliata…Ma “la mappa non è il territorio” e questo assunto in realtà guida ogni mio intento.